The mask and the mirror

domenica 6 dicembre 2009

5 dicembre 2009. La mia esperienza.


La potenza della disinformazione e persuasione collettiva di Berlusconi (e del centrodestra) l'abbiamo vista ieri al TG5 e TG1, anzi forse solo una parte è stata utilizzata: Spatuzza fa rivelazioni clamorose?

1° giorno: screditare Spatuzza, mostrarlo come killer spietato anziché pentito (strano in un paese che dovrebbe mettere il pentimento al secondo posto nella scala dei valori da rispettare)
2° giorno: il governo schiocca le dita e le prefetture di Milano e Palermo arrestano due "presunti" BOSS (in realtà dei piciotti, come si intuisce dai loro soprannomi mafiosi) che vengono fatti passare come lotta dura alla Mafia, ergo questo governo non ha nulla a che vedere con la Mafia.
E tutto ciò in concomitanza di una manifestazione di piazza di più di 500 mila persone contro il berlusconismo.
Ma credono che siamo scemi?!


"Ma chi te lo fa fare, credi cambierà qualcosa scendendo in piazza?" mi domanda retoricamente qualcuno. Mia madre mi chiede invece " Ma sarai tra comunisti facinorosi e anarchici?"
Sorrido e le rispondo: " Che ci vuoi fare ti è capitata la figlia eversiva. Maaammma sarà una manifestazione pacifica...e il termine comunismo ormai esiste più nei libri di storia che nella realtà.
Così si parte per Roma. La presunzione arrogante tipica dei giovani convinti che il parlamento e la piazza siano iscindibili tra loro e si compenetrino ci spinge ad esserci improrogabilmente.
L'idea di tale manifestazione parte dal basso, tramite un passa parola degno dei nostri tempi, il popolo della rete, il popolo di facebook.
In un’Italia sommersa dall’informazione di regime, dove il controllo totale del Presidente del Consiglio sui mass-media si avverte in tutta la sua virulenza, la comunicazione dal basso, quella piena di entusiasmo e povera di risorse, per un giorno ribalta il mercato della circolazione delle idee.
Ad organizzare questo pezzo di popolo non ci sono partiti, sindacati, gli specialisti dell’organizzazione, coloro insomma in qualche modo deputati a convocare.
Ci siamo noi, non sudditi ma cittadini!!
Cittadini ancora più esasperati all'indomani delle dichiarazioni del pentito di mafia Gaspare Spatuzza, chiediamo giustizia.
Di-met-ti-ti- di-met-tit-ti", è il coro unitario.
Arriviamo a Roma con treni, pullman, aerei e navi, macchine e moto: tutto quello che trasporta va bene per esserci. C'è un sole splendente. Siamo da ogni parte di Italia. Siamo tutti in viola,magliette, sciarpe e cappelli . Ovviamente la Rai non ci da la diretta...ennesimo sintomi d un regime che esiste e che truffa mediaticamente gli italiani. Non dobbiamo fare troppo rumore... Scsssssi!!
Ma intanto la piazza è gremita, non si riesce nemmeno a camminare... Mi chiedo se la matematica non è un'opinione come mai P.zza S.Giovanni con il Family Day ospitasse 2 milioni di persone, e con il NoBday solo 90.000 (secondo la questura)??? Si allarga e restringe per occulti fenomini geologici a seconda dei casi? Inizia il corteo...le facce, le storie dei partecipanti raccontano un'Italia che non comparirà mai al Tg1...ognuno hai i propri cazzi, i propri drammi quotidiani: Volontari, lavoratori, ceti medi, centri sociali ed elettori di destra delusi, gente del Nord, del Sud, immigrati,.generazioni abbandonate a se stesse, senza lavoro e senza prospettive in un paese dominato da un potere invecchiato male, rancoroso, autistico, indifferente, impresentabile e reso più grottesco dai lifting ripetuti Più giovani di quanti ne compaiano di solito nei cortei, quasi soltanto ventenni o cinquantenni, col buco in mezzo delle generazioni cresciuti negli ultimi decenni di egemonia televisiva.
Molti sventolano una copia dell'agenda rossa di Paolo Borsellino urlando " Fuori la mafia dallo Stato". Gli sguardi sono agguerriti, gli stricioni dicono Berlusconi dimissioni" e c'è anche un cartello che, facendo la parodia di una nota frase del premier, dice "siamo il miglior corteo degli ultimi 150 anni". ''Si fa solo i c... suoi e a pagare siamo noi'' gridano altri.Ci sono anche cartelli con scritto 'un vero uomo si fa processare' e persino una coppia che sul passeggino del bambino ha appeso un cartello con scritto 'io di certo non l'ho votato'. Ironia e rabbia. Spesso il corteo, che procede comunque spedito, si ferma a saltellare al grido di "Chi non salta Berlusconi è. Ho i piedi che mi fanno ancora male :)
Tanti gli artisti dopo sul palco: Dario Fo e Franca Rame, Ascanio Celestini, Antonio Tabucchi, Margherita Hack, Moni Ovadia, Vecchioni.
Concludo riportando le parole dell'intervento di Salvatore Borsellino di ieri in piazza, mi ha toccato dentro :"Mi sento veramente ubriaco nel sentirmi in questa Italia in cui il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza e della contiguità ci sommerge mentre qui in questa piazza mi trovo con questo profumo di libertà”. “In questa piazza sento lo stesso profumo di libertà che quest’anno ho percepito in via d’Amelio, quando ho chiamato a raccolta il popolo delle agende rosse a impedire che il luogo di quella strage venisse profanato. Noi 17 anni fa abbiamo rifiutato i funerali di Stato perché sapevamo che mio fratello non era stato ucciso solo dalla mafia ma era stato ucciso anche da pezzi dello Stato . L’anno scorso è venuto a deporre la sua corona di fiori il presidente del senato Renato Schifani. Quello stesso Schifani che oggi non vuole parlare dei suoi rapporti societari con dei mafiosi. La seconda carica dello Stato si ammanta della sua posizione autorevole per dire che è vilipendio alle istituzioni chiedergli conto di ciò che ha fatto. Credo che il vero vilipendio alle istituzioni sia che persone come Schifani possano occupare le istituzioni. Questo è vero vilipendio: che persone come Berlusconi possano occupare poltrone come quella del capo del governo".

venerdì 18 settembre 2009

Volver





Tornare...
l'ho rivisto l'altra sera dopo alcuni anni.
Credo che il fatto che io sia molto cambiata mi ha condotto a una sensibilità diversa nel rivederlo e capire ora il realismo magico di questo film,la dimensione simbolico-onirica dei ricordi lontani, l'alchimia della fiaba e la carnalità che compendia.
volver...il luogo in cui tutto comincia e tutto ritorna.
Come è stato più volte detto è un film in cui la grazia danza insieme alla morte per riconciliare i vivi.
Il ritorno si coniuga con la vita, e là dove la vita ha fatto esperienze di morte si coniuga col “ritornare” alla vita.
Tornare è riannodare legami, è riandare là dove si era partiti.
E il punto di partenza è sempre una madre che ci ha tenuto in grembo, un padre anche se non ci ha saputo amare,una sorella, una figlia, una casa, una strada, un’ amica, un amore, un senso.
Ritorna solo chi non ha bisogno di dimenticare, il viandante e il mendicante,chi conserva la memoria di un inizio.
Volver, tornare, può allora significare che persino i temi dell'infanzia offesa, della ricerca delle radici, del desiderio crudele e delle pulsioni d'amore e di morte possono e debbono materializzarsi in una finzione infinita.
Emblematica la sequenza d'apertura del film: su un insinuante e solare paso doble, una carrellata da destra a sinistra percorre un vialetto di cimitero,un vento travolgente impolvera e scarmiglia. Le donne, tante donne, solo donne, con secchi di plastica, spazzole e detersivi si affannano a lucidare i marmi delle tombe. E parlano, tra loro e coi defunti.
È una scena magistrale.
In questo microcosmo femminile (il vero protagonista) sono esplorate le emozioni immediate e quelle rimpiante, si crea un ponte tessuto d'immagini tra i rapporti umani concreti e carnali e quelli spirituali e ineffabili.
Tornare è essere restituiti all’accoglienza del nostro inizio, è risorgere da quelle tombe che aprono il film e che non spaventano, non generano orrore, perché abbracciate da persone “vive” e da una pietas senza misura.
Una pietà vera che riesce a vincere la paura perchè abita e riconcilia, senza sosta, la vita e la morte quotidiana dei protagonisti che si spendono e si offrono, ma senza mai tradire la realtà con rimozioni, censure, acrobatici meccanismi di difesa.
Perché non è il ricordo che ha bisogno di accoglienza e di perdono ma la memoria e la ferita dell’assenza, il dolore bruciante di chi vuol ritrovare l’amore tradito, la bellezza smarrita dell’origine.
E' un film solare dove tutto è sempre possibile, dove nessuno è solo, dove niente è irrimediabilmente perduto.
Un film corale fatto di relazioni. Un film che esibisce un garbo e una naturalezza che sa di miracolo, che fonde sapori e odori antichi, che fa danzare il colore e il calore insieme al vento della Mancha.
Pedro Almodovar sa raccontare la vita con tutte le sfumature delle sue assurdità, venandole di una corrosione e di una provocazione tali da scendere in aspetti tragici o comici o scabrosi.
E' appassionato, ironico, disinibito, perverso a tratti... attraverso colori vivissimi, lo stile trasgressivo e le labili e fuggevoli inquadrature degli attori, mai statiche ma definite.
Pedro diventa così come regista il ritrattista più graffiante e istintivo del postmoderno...
Ecco il testo di Volver...da qui il titolo del film e la colonna sonora.
queste parole sedimentano ancora nelle mie notti e a tratti le scandiscono.



Ecco il testo e traduzione...


Yo adivino el parpadeo
de las luces que a lo lejos
van marcando mi retorno.
Son las mismas que alumbraron,
con sus palidos reflejos,
hondas horas de dolor.
Y aunque no quise el regreso,
siempre se vuelve al primer amor.
La quieta calle donde el eco dijo:
"Tuya es su vida, tuyo es su querer!"
Bajo el burlon mirar de las estrellas
que con indiferencia hoy me van volver.

Volver,
con la frente marchita,
las nieves del tiempo
platearon mi sien.
Sentir,
que es un soplo la vida.
que veinte años no es nada,
que febril la mirada
errante en las sombras
te busca y te nombra.
Vivir,
con el alma aferrada
a un dulce recuerdo,
que lloro otra vez.


Tengo miedo del encuentro
con el pasado que vuelve
a enfrentarse con mi vida.
Tengo miedo de las noches
que, pobladas de recuerdos,
encadenan mi soñar.


Pero el viajero que huye
tarde or temprano detiene su andar.
Y aunque el olvido,
que todo destruye,
haya matado mi vieja ilusion,
guardo escondida un esperanza humilde,
que es toda la fortuna de mi corazon.



Io prevedo il tremolio
Delle luci che in lontananza
Stanno segnando il mio ritorno
Sono le stesse che rischiararono
Con i loro pallidi riflessi
Fionde ore di dolore
E sebbene non desiderai il ritorno
Sempre si torna al primo amore
La tranquilla strada dove l’eco disse
“tua è la sua vita, tuo è il suo amare”
sotto il …guardare le stelle
che con indifferenza oggi tornano a me

tornare
con la fronte avvizzita
le nevi del tempo
argentarono le mie tempie
sentire
che è un soffio la vita
che vent’anni non sono niente
che febbrile è lo sguardo
errante nell’ombra
ti cerca e nomina il tuo nome
vivere
con l’anima ostinata
ad un dolce ricordo
che piango un’altra volta


ho paura dell’incontro
con il passato che torna
a confrontarsi con la mia vita
ho paura delle notti
che, popolate di ricordi,
incatenano il mio sognare


però il viaggiatore che sente
prima o poi trattiene il suo andare
e sebbene il dimenticare
che tutto distrugge
abbia ucciso la mia vecchia illusione
custodisco nascosta una umile speranza
che è tutta la fortuna del mio cuore .

martedì 4 agosto 2009

Disillusione

É il dedalo di ombre madreperlacee che trafigge la liturgia asettica della parola
è un sentiero di monotone pareti le cui crepe sono clessidre infrante
è lo specchio polveroso che riflette irrevocabile quest'Ade
è un volto prigioniero di una maschera che decifra l'abisso
è la folla di solitari che si chiamano per i sobborghi esiliati
è il battito fugace di una palpebra
è un ingranaggio multiplo cerebrale
è un mite pendio che sembra eterno
è uno sguardo famelicamente rassegnato
è un pensiero di una nitidezza torbida
è il giorno in cui decisi di perderti.

lunedì 3 agosto 2009

Rubaiyat






Nella mia voce il metro del persiano
torni e rammenti che il tempo è la trama
ineguale dei sogni che noi siamo
e che il segreto Sognatore sperde.

Affermi ancora ch'è cenere il fuoco,
terra la carne, il fiume la fugace
immagine della nostra esistenza
che lentamente rapida dilegua.

Torni a dire che l'arduo monumento
che innalza la superbia è come il vento
che passa, e che alla luce inconcepibile
di Chi non cessa, un secolo è un momento.

Ammonisca che l'usignolo d'oro
canta una volta sola al melodioso
apice della notte e che le stelle
sono avare custodi di un tesoro.

Torni la luna al verso che la tua
mano scrive, così come ritorna
col primo azzurro al tuo giardino. Là
la stessa luna ti cercherà invano.

Siano sotto la luna delle tenere
sere tuo umile esempio le cisterne,
nel cui liquido specchio si ripetono
soltanto poche immagini, ma eterne.

La luna del persiano e gli ori incerti
tornino dai crepuscoli deserti.
É oggi, ieri. Tu non sei che gli altri
il cui volto è di polvere. Sei i morti.

Borges

domenica 19 luglio 2009

El guardian de los libros



Ahí están los jardines, los templos y la justificación de los templos,
la recta música y las rectas palabras,

los sesenta y cuatro hexagramas,

los ritos que son la única sabiduría

que otorga el Firmamento a los hombres,

el decoro de aquel emperador

cuya serenidad fue reflejada por el mundo, su espejo,

de suerte que los campos daban sus frutos

y los torrentes respetaban sus márgenes,

el unicornio herido que regresa para marcar el fin,

las secretas leyes eternas,

el concierto del orbe;

esas cosas o su memoria están en los libros

que custodio en la torre.



Los tártaros vinieron del Norte

en crinados potros pequeños;

aniquilaron los ejércitos

que el Hijo del Cielo mandó para castigar su impiedad,

erigieron pirámides de fuego y cortaron gargantas,

mataron al perverso y al Justo,

mataron al esclavo encadenado que vigila la puerta,


usaron y olvidaron a las mujeres

y siguieron al Sur,

inocentes como animales de presa,

crueles como cuchillos.

En el alba dudosa

el padre de mi padre salvó los libros.

Aquí están en la torre donde yazgo,

recordando los días que fueron de otros,

los ajenos y antiguos.



En mis ojos no hay días. Los anaqueles

están muy altos y no los alcanzan mis años.

Leguas de polvo y sueño cercan la torre.

¿A qué engañarme?

La verdad es que nuca he sabido leer,

pero me consuelo pensando

que lo imaginado y lo pasado ya son lo mismo

para un hombre que ha sido

y que contempla lo que fue la ciudad

y ahora vuelve a ser el desierto.

¿Qué me impide soñar que alguna vez

descifré la sabiduría

y dibujé con aplicada mano los símbolos?

Mi nombre es Hsiang. Soy el que custodia los libros,

que acaso son los últimos,

porque nada sabemos del Imperio

y del Hijo del Cielo.

Ahí están en los altos anaqueles,

cercanos y lejanos a un tiempo,

secretos y visibles como los astros.

Ahí están los jardines, los templos.





Jorge Luis Borges,
Elogio de la sombra,



Là sono i giardini, i templi e la giustificazione dei templi,
la retta musica e le rette parole,
i sessantaquattro esagrammi,
i riti che son l'unica sapienza
che agli uomini concede il Firmamento,
la dignità di quell'imperatore
la cui serenità venne riflessa dal mondo, specchio suo,
così che i campi davano i loro frutti
e i torrenti rispettavano le sponde,
l'unicorno ferito che ritorna per indicare la fine,
le segrete leggi eterne,
il concerto dell'orbe;
tali cose o la loro memoria sono nei libri
che custodisco nella torre.

I tartari vennero dal Nord
su piccoli criniti puledri;
annientarono gli eserciti
che il Figlio del Cielo aveva inviati per punire la loro
empietà,
eressero piramidi di fuoco e tagliarono gole,
uccisero il malvagio con il giusto,
uccisero lo schiavo incatenato che vigila la porta,
usarono e scordarono le donne
a andarono oltre, al Sud,
innocenti come animali da preda,
crudeli come coltelli.
Nell'alba dubitosa
il padre di mio padre salvò i libri.
Sono qui nella torre dove giaccio
e ricordano i giorni stati d'altri,
gli stranieri, gli antichi.

Mancano i giorni ai miei occhi. I palchetti
son alti, non ci arrivano i miei anni.
Leghe di polvere e sonno cingono la torre.
A che ingannarmi?
La verità è che non seppi mai leggere,
ma mi consolo pensando
che immaginato e passato sono tutt'uno
per un uomo che è stato
e contempla quel che fu la città
e torna ora ad essere deserto.
Che cosa m'impedisce di sognare
che decifrai un tempo la sapienza
e tracciai con attenta mano i simboli?
Il mio nome è Hsiang. Sono il custode dei libri,
che sono forse gli ultimi,
giacchè nulla sappiamo dell'Impero
e del figlio del Cielo.
Sono là nei loro alti palchetti,
remoti e prossimi a un tempo,
visibili e segreti come gli astri.
Là sono i templi, là sono i giardini.

sabato 18 luglio 2009

Doppio sogno




Un antico demone

Guardatevi, signore, dalla gelosia:
è il mostro dagli occhi verdi,
che irride al cibo di cui si nutre.

Shakespeare, Otello
Atto terzo: scena III


In questi giorni per la prima volta in vita mia ho letto casualmente Doppio Sogno...
Ho toccato e sentito in modo viscerale, uno dei sentimenti più atavici e primigeni dell'uomo: la gelosia.
Ho riflettuto sul tema dell'infedeltà. Mi sono chiesta...
In cosa consiste realmente? Cosa costituisce una violazione del patto d'amore della coppia?
Tanti classici ci fanno porre questa domanda...la Medea di Euripide, Il Moro di Venezia e L'Otello di Shakespeare, la sonata a Kreutzer di Tolstoj...
In effetti, ho pensato che le rappresentazioni di desideri inconfessabili (velati o apparentemente rimossi) dei sentimenti di insicurezza e della gelosia costituiscono il tema anche di uno dei film più famosi di Kubrick, che ho più volte visto e rivisto: Eyes Wide Shut che si riferisce al mirabile racconto di Arthur Schnitzler Doppio Sogno che solo ora ho letto.
L'autore delinea in un continuo gioco di rimandi a pulsioni inconsce e a sogni più o meno sussurati, le dinamiche emotive e relazionali di una giovane coppia.
Il medico- drammaturgo austriaco delinea infatti la sottile distanza che separa l'emozione occasionale e reversibile, dall'idea morbosa di gelosia, l'ossessione.
Ma vediamo questa coppia...osserviamola....
Questa coppia è perbene, colta, altolocata: insomma una distinta famiglia della borghesia viennese del primo novecento, di certo apprezzata e forse un poco invidiata. Una relazione d'amore che dura da anni senza essere, apparentemente scalfita dalle insidie del tempo.
I due hanno anche una figlia che coccolano amabilmente.
Immediatamente sono stata colpita da questo rapporto, basato sulla stima, il senso del rispetto, la complicità e il dialogo sul quale si impernia la vita di coppia. Ci sono insomma, ho pensato tutti i presupposti per un felice legame, fatto di quotidianità a sicuro.
Però, al ritorno da una festa in maschera, all'improvviso il meraviglioso mènage familiare viene turbato. Comincia a scricchiolare sotto i colpi “inferti” da un'innocua confessione.
Discutendo del ballo a cui avevano partecipato la notte prima, la donna insinua il racconto di una fantasia erotica (di un “sogno”). Arriva così “la goccia” che fa venire improvvisamente meno ciò che appena un attimo prima sembrava scontato, appunto sicuro.
“ Tuttavia dalla leggera conversazione sulle futili avventure della notte scorsa finirono col passare a un discorso più serio sui desideri nascosti, appena presentiti, che possono originare torbidi e pericolosi vortici anche nell'anima più limpida e pura, e parlarono di quelle regioni segrete che ora li attraevano appena, ma verso cui avrebbero potuto una volta o l'altra spingerli, anche se solo in sogno, l'inafferabile vento del destino”.
Da questo momento le vicende dei due coniugi, sia quelle reali sia quelle immaginate, sembrano scorrere su binari paralleli. Da una parte, come un macino minaccioso il sogno, probabilmente il desiderio inconfessabile o meglio la fantasia erotica della donna, di Albertine.
Dall'altra il brutto sogno cioè la realtà che il racconto della donna ha suscitato, la triste vicenda che addesso incomberà su Fridolin e da cui vorrebbe in un certo senso svegliarsi.
Dal momento della confessione della moglie, Fridolin non riesce proprio a togliersi dalla testa l'idea del tradimento, è spinto dalla delusione e dai desideri di rivalsa. Cerca a sua volta di restituire l'infedeltà e finisce perciò per infilarsi nel suo brutto sogno. La scoperta delle fantasie della moglie, la ferita narcisistica e le emozioni di gelosia lo portano a sperimentare sentimenti di inadeguatezza e fallimento. Emblematiche sono le pagine...rese molto bene nel film, in cui Fridolin si ritrova ad un ballo in maschera notturno ed esoterico. Si tratta di un ambiente molto raffinato ma per certi versi inquietante,quasi misterioso. C'è gente vestita in maschera, con costumi religiosi. Ad un certo punto inizia il rituale, dapprima con musiche sacre, poi profane. Le donne, sempre in maschera, cominciano a denudarsi e cercare un compagno, anch'egli in maschera. Il nostro protagonista è ancora intento a capire ed orientarsi, quando viene scoperto come intruso e invitato a dichiarare la propria identità.
Ora sembra davvero volgere al peggio, ma una donna che probabilmente lo ha riconosciuto si offre in sacrificio e in cambio della sua libertà. Fridolin è così libero di lasciare quella casa e di tornare, ormai all'alba alla sua.
É ancora preso dalla paura e dai rimorsi, però trova un pretesto per svegliare la moglie che intanto “continua” il suo sogno. Egli non resiste alla curiosità e le chiede, nonostante l'ora di racccontare...
raccontare il suo sogno...
Non svelo l'epilogo...
Mi chiedo però...fino a che punto un sogno può essere considerato reale? Dove si situa la linea di confine tra i desideri, l'immaginazione e la “realtà” dei vissuti onirici? In che senso questi vissuti possono testimoniare esperienze coscienti o bisogni manifesti?
Schnitzler tuttavia non poteva trovare soluzione più chiara: “Ma erano solo parole”.
Infatti un sogno non possiede medium migliore delle parole per manifestarsi. Anzi è proprio nel linguaggio che trova linfa, sostanza e, dunque, “vita reale”. E la semplice confessione del sogno della moglie, basta a sciogliere, agli occhi del marito i profondi legami affettivi che ora sembrano assolutamente dissolti: “ Si rese conto che tutto quell'ordine, quell'armonia, quella sicurezza della sua esistenza non erano che apparenza e menzogna “.
Al di là dell'espediente letterario, è da notare l'imprescindibile ruolo della riflessione e della mediazione linguistica e come la verità concettuale è sempre relativa, dipende cioè dalle condizioni dell'accordo che deve essere dialogico e relazionale. In tal caso si costituiscono come contrarie a questa definizione di verità, il dogma,l'integralismo, l'assolutismo, il fanatismo: vale a dire tutti gli aspetti intransigenti di cui si nutre la verità del delirante paranoico.
C'è però di più, non bisogna sottovalutare un aspetto ontologico fondamentale: i sentimenti e l'idea di gelosia non permettono di riconoscere l'alterità e negano di fatto le prerogative esistenziali dell'altro, di chiunque altro.
Sicuramente l'emozione di gelosia sembra aver costituito una risposta evolutiva legata ai comportamenti sessuali, alla riproduzione e alla conservazione della specie, funzionali alla coesione del gruppo parentale. Tuttavia essi costituiscono un costrutto da cui emergono ormai solo i limiti più arcaici, riferibili essenzialmente non più al vantaggio evolutivo che dovevano garantire,ma al danno affettivo e relazionale che adesso tali sentimenti possono determinare.
La gelosia tuttavia, pur elemento tormentoso, c'è da dire che promuove anche l'appartenenza, l'esclusività di rapporti, il rinsaldamento dei legami affettivi: ossia la giusta dose di interdipendenza.
In noi è presente quell'onnivoro narcisimo , derivato e costantemente alimentato dalla irripetibile unicità ontologica, e la necessità, del pari ineludibile, di conoscere l'altro e di (ri)conoscersi attraverso l'altro nel quale, in dosi diverse a seconda del valore attribuito alla relazione, vengono immesse parti del proprio sé dopo averle codificate nelle cangianti modalità espressive dei linguaggi.
I sentimenti di gelosia sono dunque da interpretarsi in rapporto all'idea, e alla sofferenza che intimamente evoca la paura dell'abbandono o della perdita dell'oggetto d'amore, e quindi relativamente alla ferita narcisistica intollerabile determinata dalla rottura della relazione privilegiata ed emotivamente investita.

domenica 5 luglio 2009

Je suis venue te dire que je m'en vais

Ho visto ultimamente "Saturno contro " di Ferzan Ozpetek, che seguo molto come regista. Il tema del film è la separazione, sia nell'amicizia che nell'amore, e la difficoltà ad accettarla.
Un film lento e che non racconta nulla, ma che in realtà cuce uno stralcio di esistenza con poesia e crudezza intimista.
Ecco la colonna sonora che sto ascoltando spesso, non a caso cantata da una delle voci che più sanno raccontare e sfumare la realtà...